La nostra versione della vita - Luca Nali

La nostra versione della vita

Quando mi prendo cura delle persone l'invito che, più frequentemente, rivolgo è spegnere, o meglio ancora, liberarsi definitivamente della televisione e, molto spesso, ricevo in risposta questo commento: “Ah, ma io guardo solo film e cartoni animati!”
A differenza del teatro, dove il rapporto che intercorre tra attore e spettatore è diretto e immediato, i film e i cartoni animati, rappresentano i messaggi più deleteri. Nel teatro, lo spettatore è in grado di cogliere, fin da subito, gli aspetti positivi, o negativi, dell'attore stesso anche per merito dell'improvvisazione. Nel cinema, il discorso cambia completamente.
Ogni volta che guardiamo un film attiviamo un processo identificativo, diveniamo, per lo più inconsapevolmente, gli attori e i protagonisti del film oppure, e più semplicemente, trasferiamo la nostra storia sulla pellicola in corso.
Chi, tra noi, non si è sentito galvanizzato, o profondamente commosso, al termine di una determinata pellicola?
Nel film il popolo vince, l'eroe di turno libera gli oppressi e questo genera, in noi, soddisfazione e appagamento; non ci rendiamo conto che, in realtà, si tratta di una forma di condizionamento molto pericolosa. Il popolo viene liberato, il popolo vince, ma questo accade nei film...
La maggioranza delle persone (vorrei dire tutte), nonostante sia convinta di operare le proprie scelte in via del tutto autonoma compie, per lo più, scelte indotte da un condizionamento.
Siamo, per esempio, bombardati da diverse e numerose forme di pubblicità che usano, come un cavallo di troia, i più svariati, e “creativi”, sistemi di comunicazione per indurci ad un consumo pilotato. Molti di noi, poi, sentono la necessità di avere informazioni in merito al futuro e, nella maggior parte dei casi, si tratta dell'esigenza di conoscere i “termini di scadenza” di una determinata situazione.
Nell'ultimo periodo, infatti, le domande più ricorrenti sono state: “Cosa accadrà dopo il 20 gennaio?” Piuttosto che: “Cosa accadrà a marzo?” Oppure, e più direttamente: “Quando finirà tutto questo?”.
Quando deleghiamo ad altri, smettiamo di considerare il prodigio che, intrinsecamente, appartiene a tutti noi e, cioè, la capacità e la facoltà di programmare, gestire e organizzare la nostra vita.
Questo è il motivo principale per cui ci si rivolge ai veggenti, non che non ce ne siano di seri, capaci e affidabili. I tarocchi, per esempio, sono una gran cosa e la divinazione è un metodo straordinario, una vera e propria arte; in questo caso, però, mi riferisco ai veggenti massivi.
Quando ricorriamo a quest'ultimi, tradiamo una parte importante di noi stessi.
Immagino conosciate il ragazzino indiano, peraltro molto carino, che fa particolari comunicazioni così come conoscerete senz'altro Greta che è stata collocata in quella posizione proprio perché bambina e, quindi, non attaccabile. Entrambi, nonostante siano portatori di messaggi controllati da altri, godono della protezione dell'immaginario collettivo che fa sì che risulterebbe deprecabile qualunque forma di aggressione nei loro confronti.
Avrete anche notato che Biden non gode di un'intelligenza brillante, sembrerebbe anche a causa di una patologia, e di come sia guidato per mezzo di un'auricolare dal quale non si stacca, praticamente, mai. Parliamo di uno degli uomini più potenti al mondo...
Recentemente, uno dei messaggi del ragazzino indiano recitava così: “Il peggio deve ancora arrivare”. Questo ragazzino ha detto la cazzata del secolo perché non puoi pensare che 7 miliardi di persone siano tutte nel medesimo stato e che per tutti i 7 miliardi di individui sarà ugualmente dura.
Questo non è assolutamente possibile. Allora, mi domando: "A chi ti rivolgi? Con chi stai parlando?"
Quanti hanno guardato film, e cartoni, assuefatti dalla narrativa che in continuazione ha detto loro chi sono, hanno sviluppato una dipendenza; e cosa accade nel momento in cui arriva un messaggio del genere? Che tutte le persone che l'ascoltano iniziano ad avere una versione peggiorativa della propria realtà.
Sapete cosa significa? Che quando esce qualcosa di catastrofico non reagiamo, non lo combattiamo perché è ciò che volevamo sapere, quanto ci aspettavamo accadesse.
La mente dice: “Tutto va secondo i piani; ti avevo detto che sarebbe stato un casino. La situazione sta precipitando, ma tu già lo sapevi.
Non si tratta, dunque, di una cosa nuova, né sconosciuta, ma di un'informazione già introiettata dalla nostra mente che, a quel punto, “si gode” lo scenario previsto.
Incontriamo, invece, una particolare difficoltà se proviamo a pensare alla vera entità della vita.
Al senso per cui esistiamo.
Si toccano, in questo caso, corde molto profonde.
Domande come: Chi sono? Cosa voglio? Cosa sto facendo? Cosa accadrà una volta che sarò morto? Sarà la fine di tutto o l'inizio? Perché sono nato e che senso ha la vita?
E altri quesiti intimi in merito a quanto abbiamo fatto nella nostra vita, riflessioni e reminiscenze che ci portano a sentire il senso di chi siamo.
Siamo costantemente distratti, non appena svegli controlliamo i messaggi WhatsApp, le e-mail e i vari social. Nulla che ci aiuti a comprendere chi siamo, ma solo cosa siamo per gli altri.
Non c'è più la mia identità, né la percezione di quanto sono realmente ed è questo a creare la necessità di ricorrere a terzi cui attribuiamo un potere, spesso immotivato.
Nel momento in cui l'altro si rivela capace, in grado cioè, di raccontarci la nostra vita, chi siamo e cosa sarà, ci sentiamo sollevati da ogni responsabilità. La mente si tranquillizza, lo scenario, per quanto catastrofico, è conosciuto; ci predisponiamo, perciò, ad abitarlo e a creare quel tipo di realtà.
Facciamo, allora, un esperimento: da soli, senza cellulare né computer, cominciamo a riflettere su noi stessi. Escludiamo del tutto l'eventualità che siano altri a dirci chi siamo o cosa sarà.
Ci accorgeremo che davanti a determinati quesiti, dopo un brevissimo lasso di tempo, non riusciremo a reggere perché non siamo allenati. Probabilmente, chi pratica la meditazione, o lo yoga oppure è solito fare pratiche all'aperto con un certo impegno e regolarità, si troverà maggiormente a proprio agio, ma per tutti gli altri non sarà così.
Quando ho fatto il cammino di Santiago, ho attraversato moltissime versioni di me stesso tanto da arrivare ad avere una mappatura piuttosto definita in merito a chi sono.
Siamo tutto quello che vogliamo e possiamo esserlo a condizione che nessuno ci dica cosa siamo.
Cosa posso fare per sentire maggiormente me stesso?
Mettermi nella condizione in cui ho la possibilità di stare in ascolto di me stesso continuativamente. Non è un processo stancante, né ossessivo, se consideriamo poi come viviamo abitualmente...
Percepirsi e ascoltare cosa realmente vorremmo fare in quel dato momento è molto differente dalla comune passeggiata pregna di elementi distraenti.
Domandiamoci, ad esempio, come vestiamo; perché indosso quel dato colore o quel tipo di abbigliamento? Sono solito abbigliarmi come mi viene suggerito oppure sono io a decidere autonomamente? Indosso capi che mi privano di energia?
Una delle prime cose che osservo quando mi prendo cura di una persona è il colore che, prevalentemente, indossa; chi, solitamente, veste di nero tende a volersi proteggere a differenza di quanti prediligono il bianco, o i colori chiari, che esprimono un desiderio di apertura.
Domandiamoci, inoltre, se abbiamo scelto il nostro partner perché ci offre garanzie, perché consolida la nostra situazione rendendoci più tranquilli o se l'amore che abbiamo scelto rappresenta un'estensione di noi stessi e la voglia di penetrare la sua anima.
Le nostre scelte sono determinate da cliché che non mettiamo più in discussione.
Indipendentemente da quanto sostengono i veggenti, i politici, ma anche i cartoni animati facciamo nostra questa esperienza; fingiamo di essere appena arrivati sul pianeta e cominciamo a gestire la nostra vita come se tutto fosse nuovo. É gratis, dunque, provate.
Iniziate a vivere la vita come vorreste che fosse e vi accorgerete che la maggior parte delle cose con le quali entriamo in contatto non è informazione, ma disinformazione.
É parte della loro agenda, di quanto, gradualmente e rispettando la finestra di Overton, mettono a nostra disposizione e noi non solo assumiamo quanto dicono succederà, ma finiamo col dare loro grande credibilità trascurando il fatto che, queste cose, si avverano perché noi per primi le abbiamo accettate come assunto.
Questo non significa che se tutti accettassero una data situazione, mentre io me ne dissocio, verrò inevitabilmente inglobato; ogni persona vive la propria vita e se non rispetta, né si allinea con condizionamenti massivi non ne è coinvolto.
Posso garantirvelo perché lo metto in atto da molti mesi, è la mia esperienza, è la mia vita.
Vi invito, perciò, a non identificarvi con la narrativa comune, ma a ricordarvi come prima cosa chi siete.
Meditiamo, dunque, su noi stessi e tutte le volte che questa parte andrà a scemare, riattiviamola.
Cosa vorrei realizzare se fosse l'ultimo giorno della mia vita?
Poniamoci domande di questo tipo e vedremo nascere in noi una nuova e potente energia.
La vita che vogliamo e non quella che altri hanno preparato per noi.

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